– Etiopia: Hesbalam e l’associazione di donne –
Ben quattro matrimoni alle spalle, tanti momenti difficili con accanto uomini violenti e una serie di umiliazioni i cui segni son ancora ben visibili, ma tutto ciò non sembra aver scalfito la sua voglia di ricominciare e neppure la tendenza a scherzare, anche sulle cose brutte. Hesbalam Mekonan ci racconta la sua vita con un gran sorriso sulle labbra che non l’abbandona quasi mai.
Mentre parla non lesina piccole battute che fanno ridere le compagne che la circondano. Questa donna alta dalle treccine ingrigite sembra una forza della natura. È la coordinatrice dell’Associazione di donne di Debre Markos (circa 200 km a Nord di Addis Abeba) nata con l’aiuto dell’ONG Comunità Volontari per il Mondo e volta a supportare attraverso attività di microcredito donne in difficoltà e molto povere.

Hesbalam, Ugo e Semene e Mezfin (due colleghi dell’ONG) e alcuni bimbi aiutati dall’associazione
L’ho incontrata più volte durante le mie attività di ricerca, lei ogni volta mi ha accolta con un grande abbraccio e un entusiasmo coinvolgente.
Ci ha detto di avere 48 anni, ma non è detto che sia vero. In Etiopia, per tradizione, l’età spesso non è certa per mancanza di documenti ufficiali e le donne spesso non vogliono rivelare quanti anni hanno realmente. A guardarla dimostra molto di più, come tante persone in quel Paese, specie se hanno avuto una vita di fatica e di sofferenza, trascorsa nei campi, spesso piegate sotto gli enormi cesti con cui trasportano di tutto.
Quegli incontri che lasciano il segno
La prima volta che la incontro, Hesbalam ha indosso un completo a fiorellini, le classiche ciabatte di plastica sformate (diffusissime in Etiopia) e un paio di vistosi orecchini rosa. Prende subito la parola: è lei che coordina l’associazione e a lei spetta spiegare di cosa si tratta. Le altre donne presenti, una decina in tutto, possono intervenire, commentare, ma rispettando il suo ruolo di referente. Ormai per loro è una sorta di guida.

Hesbalam e uno dei bimbi che aiuta quotidinamente
Lei racconta dell’associazione, stando attenta a sottolineare i grandi progressi che il gruppo ha fatto grazie all’aiuto del Cvm e degli uffici locali.
Ci mostra orgogliosa gli edifici che hanno messo su, i documenti, lo stereo con le cassette per la formazione, gli opuscoli che studiano per approfondire la cura degli animali e soprattutto il libretto della banca con i loro risparmi: seimila ETBR, non una gran cifra, ma per loro un’enorme soddisfazione.
Dopo quasi un’ora di chiacchierata, in cui ci narra tutta la storia dell’associazione dal 1999, si asciuga il volto con una sciarpa. Parlare e ricordare tanti dettagli non è facile, ma sembra piacerle e comunque non vuole deluderci. Quando passiamo alle singole storie è proprio lei a voler raccontar la sua per prima, forse per essere d’esempio alle altre. È una narrazione con grossi buchi, qualche incongruenza e forse qualche omissione. Ma è difficile aprirsi quando si devono descrivere vite difficili. Lei però continua a farlo con il sorriso, un’intensa mimica e un po’ di umorismo.
Da un passato difficile alla voglia di riscatto
È sposata, ma suo marito vive da tempo ad Addis Abeba e non si vedono praticamente mai: “Cioè, è tipo una specie di marito”, commenta ridendo e suscitando l’ilarità dei presenti. Per lui è la seconda moglie e ora è tornato a vivere con la prima. La separazione è arrivata dopo che i due hanno fatto il test dell’HIV e “uno di loro è risultato positivo”. (Purtroppo l’HIV è ancora un enorme piaga in Etiopia: nonostante i progressi fatti, lo stigma e la confusione intorno a questa malattia è ancora tanta). Non vuol rivelare chi sia quello affetto dal virus davanti alle altre donne. Più tardi però ci confiderà che è lei la sieropositiva e da quando l’hanno scoperto lui l’ha abbandonata.

Il paesaggio intorno agli edifici dell’associazione
Prima di questo marito ce n’erano però stati altri tre. All’epoca viveva in una zona rurale: “Ero tanto giovane e non sapevo molto di uomini, per questo mi sono sposata tre volte”, ammette tranquilla. Alcuni dei mariti, com’è pratica diffusa in Etiopia, furono scelti dalla famiglia quando Hesbalam era ancora una bambina. Non sa spiegare perché quei matrimoni finirono, cosa accadde di preciso: “Ero troppo giovane, non ricordo”, ripete quando con la traduttrice proviamo a capire meglio. Certo è che con quei mariti non ebbe una vita serena: la picchiavano spesso e le condizioni al villaggio erano molto dure, scandite da ore e ore di faticoso lavoro nei campi. A ciò si aggiunsero i problemi con la famiglia, probabilmente a causa dei divorzi.
Ad un certo punto decise di partire, sperando che in città le cose sarebbero andate diversamente.
A Debre Markos questa forte donna dal caloroso sorriso ha sposato il suo quarto marito, quello che ero l’ha abbandonata. Anche quest’uomo la maltrattava spesso.
Di quei tempi ha ancora dei segni ben visibili: alza la manica destra e ci mostra una grossa cicatrice nella parte alta del braccio: “È lui che me l’ha fatta, ripete più volte, mi ha tirato addosso l’acqua bollente”.
Ma non è stato solo questo che Hesbalam ha dovuto subire dal suo compagno: “Avevamo una donna in casa, un’aiutante per il lavori domestici, e lui è stato a letto con lei, l’ha messa incinta ed è nato un bambino”. Un altro momento difficile ma ancora una volta questa donna dagli occhi che brillano ha avuto la forza di andare avanti e soprattutto di prendersi cura di quella creaturina. Si è così occupata di lui, mentre la madre naturale si faceva una vita con un altro uomo. Hesbalam ha avuto anche un figlio suo, dal terzo marito. Per lei è una grande soddisfazione: ora è un uomo e ha finito l’università. Ciò la riempie di gioia e si capisce subito: ci tiene che la traduttrice mi spieghi bene che il ragazzo è laureato e ha un buon lavoro. Purtroppo lui vive lontano da Debre Markos, ma sono in contatto e periodicamente le manda dei soldi.
L’associazione di donne e l’attività di microcredito
Ora i momenti più difficili son passati e c’è una risorsa in più, un punto di riferimento: è nata l’associazione e lei ne è la coordinatrice. Le donne del gruppo insieme stanno facendo molto. Con il microcredito sono riuscite a costruire un primo edificio di fango, quello in cui ci accolgono e predispongono per noi l’immancabile cerimonia del tè. Hanno anche comprato delle mucche. Ognuna si è poi impegnata a versare una piccola quota, hanno chiesto un prestito e alla fine sono riuscite a costruire una stalla di fango. Ci tengono a farci fare un giro e spiegarci tutto nei minimi dettagli.

La gioia delle donne dell’associazione
Ora hanno due edifici uno vicino all’altro, uno per gli animali e uno per loro. In quest’ultimo si ritrovano ogni domenica per parlare, confrontarsi e ascoltare i programmi radiofonici, registrati su cassetta, che parlano di HIV e di diritti delle donne. Allevano gli animali e vendono il latte, i materiali di scarto li rivendono per accendere il fuoco. Molte di loro hanno inoltre piccoli lavoretti personali: lavare i panni altrui o preparare l’enjera (il pane tipico in Etiopia). Hesbalam, ad esempio, vende verdure e frutta per racimolare qualche soldo in più.

Alcune donne e ragazze dell’associazione di donne di Debre Markos
Ora le condizioni di vita di Hesbalam sono migliorate, grazie all’associazione ha un’entrata sicura e sta prendendo le medicine antiretrovirali per tenere a bada l’AIDS. Ha ristabilito anche i rapporti con la famiglia e attualmente l’anziana madre vive con lei. Con loro, da un po’, c’è anche un bambino. Hasbalam l’ha trovato mentre cercava di contattare le housemaid in difficoltà, le ragazze povere che per sopravvivere fanno le sguattere in case altrui. Il bimbo lavorava in una famiglia che non gli permetteva di andare a scuola. La donna ha provato a convincere il datore di lavoro a farlo studiare ma, dopo molte discussioni, l’unica soluzione è stata prenderlo con sé. Gli ha fatto fare anche il test del’Hiv, fortunatamente è risultato negativo. La coordinatrice dell’associazione si occupa anche di un’altra ragazza, un’orfana con problemi fisici e psicologici, anche lei incontrata per caso. Insomma, la sua è una famiglia numerosa, alla quale si aggiunge il ragazzo nato dal tradimento dell’ultimo marito che ora frequenta le scuole superiori.

Uno degli spazi dell’associazione
Lo sguardo al futuro nonostante tutto
Hasbalam, però, non si accontenta di quanto ha finora ottenuto. Fa progetti per il futuro, non solo per sé ma per tutta l’associazione. Ormai sono un gruppo unito e lei è convinta che possano aumentare le loro entrate, ingrandire l’associazione stessa e occuparsi di altre persone sofferenti. L’Associazione, infatti, comprende non solo donne povere e housemaid ma anche orfani. È a loro che pensa la coordinatrice: “Se guadagniamo di più possiamo occuparci di altri ragazzini sfortunati senza genitori, fare in modo che abbiano da mangiare tutti i giorni e il necessario per andare a scuola, come libri e uniformi”.

Una delle bambine aiutate dall’associazione di donne di Debre Markos
Hesbalam rappresenta la speranza. Tutto il suo gruppo è un grande esempio di riscatto. A vederle da fuori forse non sembrerebbe, ma queste donne stanno cambiando la loro vita e quella di tanti bambini rimasti soli. Quando ripenso alle ore trascorse con loro provo ancora un’enorme emozione.
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12 Commenti
Che bella storia, e che commozione nel leggere del coraggio di questa e di altre donne che nonostante tutto continuano a lottare.
Ciao Antonella, si le loro storie sono commoventi. Ad ascoltare si prova rabbia per ciò che sono costrette a subire ma trasmettono anche tanta forza. Sono un esempio nella loro lotta quotidiana.
Credo che questa esperienza ti abbia cambiato, ti abbia fatto capire quanto siamo fortunati e quanto possiamo imparare dalla semplicità, umiltà e bellezza di queste persone. Questo racconto è toccante, ma insegna veramente molto di come bisogna essere li per capire, di come l’Africa non sia solo povertà, ma anche grandi donne e uomini che impiegano tutto il loto tempo e cuore per migliorarla, senza aspettare gli altri.
Ciao Anna, grazie mille. In effetti quando sei lì apri gli occhi su tante cose. Penso che scegliere di partire per questa esperienza sia una delle cose più giuste che io abbia fatto nella vita per tutto quello che ho imparato.
Che meravigliosa storia, grazie davvero di averla raccontata. Mi viene solo da dire “Il grande cuore delle donne”. Quelle che cadono e si rialzano da sole, qualunque cosa la vita metta loro davanti. Mi hai fatta davvero commuovere <3
Grazie Francesca, è bello leggere le tue parole. Le donne a volte possono tirare fuori una forza inimmaginabile.
Storie terribili ma anche fonti di grande ispirazione quelle di queste donne.
Immagino che la tua esperienza in Etiopia sia stata dura ma al contempo indimenticabile.
Complimenti per il coraggio!
Ciao Federica, grazie. Si, quella in Etiopia è l’esperienze più forti della mia vita, di quelle che ti aprono gli occhi su molte cose.
E’ una storia toccante dI coraggio e riscatto ma non solo, anche di come chi ha toccato sulla propria pelle le difficoltà della vita spesso sia più generoso e disponibile ad aiutare gli altri in una catena dI solidarietà. Il microcredito è un aiuto importante soprattutto in mano alle donne che sono molto brave a sfruttare bene le poche risorse.
Ciao Valeria, hai proprio ragione: è una storia che svela tanti aspetti dell’essere umano. Poterle incontrare e vedere la loro forza è stata una di quelle esperienze che non dimenticherò mai.
ragazzi che voglia mi avete fatto venire di visitare questi posti! e grandi voi che siete andare a scovare queste realtà che si impegnano per una condizione migliore! bravi bravi!
Grazie. Vivere in un paese come l’Etiopia e lavorare con un’ONG era una cosa che desideravamo tanto ed è stata un’esperienza pazzesca, di quelle che ti segnano.